Un momento difficile per il Paese e per il Movimento

Un momento difficile per il Paese e per il Movimento

É un momento difficile per la comunità del Movimento 5 stelle.
Tanta rabbia per il disegno volto a colpire il Presidente Conte, figura emblematica del prezioso contributo politico che abbiamo dato al Paese in questi anni. E scoramento per la situazione che si è determinata a seguito della crisi e dell’appello del Presidente della Repubblica rivolto a tutte le forze politiche in questo periodo buio.

A ridosso del voto su Rousseau ho espresso la mia sofferta valutazione sul fatto che fosse meglio essere presenti in questo delicato momento per un unico motivo: grazie a Giuseppe Conte nei prossimi mesi verrà definito il piano di investimenti più imponente che la stragrande maggioranza degli italiani potrà ricordare.
La Lega ha riferito pubblicamente durante le consultazioni di una presunta sintonia con Draghi su un Recovery plan che non dia priorità al riequilibrio tra nord e sud del Paese. Inoltre la “composizione geografica” dei ministri di questo Governo (4 ministri provenienti dal Mezzogiorno sui 24 totali, i ministeri di spesa in mano a ministri del nord Italia) e le timide parole di Draghi in Parlamento non sono segnali in linea con l’urgenza di una ricucitura tra un Paese economicamente e infrastrutturalmente spaccato (almeno) in due.

Non ho intenzione di mollare rispetto alla responsabilità nei confronti della mia terra. Una responsabilità che ho sempre sentito dal 2018 ad oggi in quanto palermitano che ha avuto il privilegio, immeritato, di essere il primo di una lista che è stata votata da un cittadino su due. Una responsabilità che si è tradotta in atti concreti: dal nuovo accordo Stato-Regione e dalla messa in funzione delle ex Province – dopo il disastro targato “Renzi-Crocetta” – col relativo sblocco degli interventi su strade e scuole, alla norma su Riscossione Sicilia, ai 38 milioni di euro annui per le piccole e medie imprese siciliane sbloccati dopo un decennio, al fondo “salva opere” (che ha scongiurato il fallimento di oltre 100 imprese siciliane), alla norma sul ripiano del disavanzo di bilancio della Regione. In questi 3 anni ho lavorato sull’ottenimento, lo sblocco, il recupero o l’utilizzo di circa 500 milioni di euro di investimenti pubblici su Palermo (cantiere navale, molo trapezoidale, centro storico, fondi ex Gescal, programma periferie, completamento anello ferroviario, cittadella della polizia, etc.).

Pur convinti di poter fare sempre meglio e coi nostri limiti, abbiamo dato in questi anni delle risposte
all’entusiasmo e alla speranza del Mezzogiorno e l’impegno mio e del Movimento 5 stelle di accompagnare il rilancio di Palermo e della Sicilia da Roma, comunque lo si valuti, non si è esaurito in mera retorica elettorale.
Com’è noto l’imminente sfida comune delle Istituzioni é quella legata al Piano nazionale di ripresa e resilienza, ultimo treno per ricucire i divari territoriali. Nei mesi passati, sia la Camera dei deputati che il Senato della Repubblica, grazie alla spinta del Movimento 5 stelle, si sono espressi a proposito del Piano affermando che la clausola del 34 per cento, ossia la distribuzione dei fondi in ragione della popolazione residente, “non appare sufficiente a promuovere la riduzione dei divari territoriali ancora oggi esistenti tra le diverse aree del nostro Paese, in cui persiste una differenziazione relativamente al PIL pro capite e al tasso di disoccupazione“. Si è riscontrata la necessità di “applicare, con eventuali aggiustamenti, il criterio di riparto tra i Paesi previsto per le sovvenzioni dal Dispositivo di ripresa e resilienza (popolazione, PIL pro capite e tasso di
disoccupazione) anche all’interno del Paese (tra le regioni e le macro-aree), in modo da sostenere le aree economicamente svantaggiate”.
Nel mio ruolo posso garantirvi che ogni mio sforzo è e sarà volto a rispondere al desiderio storico della Sicilia e del Sud Italia di avere un’occasione concreta di rilancio, per poter dare una mano al Paese.

Aggiungo qualche altra riflessione che spero possa risultare utile a chi è interessato alle sorti del Movimento 5 stelle, ai tanti che fino ad oggi si sono spesi con passione. Ho sentito tanti comprensibili malumori – e aggiungerei, meno male – sul fatto di stare al Governo con Lega, Forza Italia e Italia viva. Questa è la forma, importante, ma è la forma.
La sostanza è che noi siamo dentro questa esperienza proprio per non lasciare il pallino del futuro del Paese – che si gioca sui 209 miliardi del Recovery fund ottenuti dal Presidente Conte – a queste forze politiche.
Proviamo a pensare per un attimo ai presupposti di un governo Draghi – che già oggi ci lascia preoccupati sotto molti aspetti – senza il contrappeso del Movimento: dove sarebbero stati relegati welfare, sociale, ambiente, Mezzogiorno, transizione energetica, diritti dei lavoratori, lotta alle mafie e alla corruzione? Sarebbero spariti.
Dobbiamo essere consapevoli che siamo lì solo per contrastare un ritorno al passato, nello stesso momento in cui il Paese ha l’occasione di (ri)costruire il proprio futuro.
Certamente se fossimo rimasti fuori avremmo recuperato qualche punto percentuale nei sondaggi ma al prezzo di lasciare il futuro nel Paese nelle mani di forze politiche che, a nostro modo di vedere, peggio incarnano l’interesse collettivo.
Il mio voto di fiducia non è stato al Governo Draghi. Il mio voto di fiducia è stato al Movimento 5 stelle, per dare il massimo del potere contrattuale su tutti i tavoli nei quali dovremo batterci, per dare una possibilità a quel percorso indicato dal Presidente Giuseppe Conte che si basa sulla sinergia tra Movimento, PD e Leu e che potrà essere ulteriormente testato in questa complessa esperienza appena iniziata.

Infine – ma non meno importante – una considerazione sui voti in dissenso e le espulsioni di parlamentari del Movimento.
Ho spiegato che le ragioni del mio sì sono legate solo alla determinazione nel lottare ancora da quella che ritengo sia la posizione più utile, centimetro dopo centimetro. Ma tutto questo non è a cuor leggero e comprendo la difficoltà di molti colleghi sulla scelta relativa al voto di fiducia.
Non ho mai ritenuto le espulsioni uno strumento di gestione del gruppo, le ritengo una sconfitta, anche se talvolta sono inevitabili e “volute” dagli stessi destinatari dei provvedimenti. Ritengo infatti che diversi miei colleghi abbiano utilizzato questo voto solo per disimpegnarsi dal Movimento. Ma per molti altri si è trattato solamente di sofferenza e disagio.
Sia chiaro, la compattezza del gruppo parlamentare nelle scelte di voto è fondamentale per l’ottenimento dei risultati ma credo che, considerando le circostanze del tutto particolari, si debba provare a ricomporre, del tutto o in parte, anche alla luce del nuovo organo collegiale e di valutazioni a mente fredda. Ma mi piacerebbe che si aprisse contestualmente una riflessione sincera da parte di tutti: a parti invertite, sarebbe stata pretesa la linea dell’intransigenza?
Per tanti anni, con entusiasmo e buona fede, il Movimento ha promosso posizioni nette, talvolta ruvide, rappresentando la possibilità di realizzarle con semplicità. Tutto ciò non va disconosciuto perché questo slancio ha consentito di rivitalizzare lo scenario politico italiano e di ottenere alcuni risultati impensabili per il Paese.
Ma credo che adesso sia il tempo di completare il percorso di maturazione e consapevolezza. Dobbiamo cogliere il senso della difficoltà e della fatica di far parte di una comunità politica nella quale è inevitabile che non ci piaccia ogni singola decisione, che non si sia d’accordo su tutto e con tutti. Non abdichiamo ai nostri valori e ai nostri obiettivi ma raccontiamoci e comprendiamo la complessità delle scelte e il peso delle responsabilità. Superiamo definitivamente ogni semplificazione, i “mai” e ispiriamoci a quello che è il nostro risultato più riconosciuto dai cittadini, Giuseppe Conte, servitore dello Stato, concreto nella realizzazione di una visione di Paese ambiziosa ma equilibrata, composto nei modi e nelle relazioni. In tal senso già abbiamo fatto tanta strada.
Anche in questo momento difficile, riconosciamo al Movimento – e riconosciamolo a noi stessi, attivisti, sostenitori, elettori – che é stato fatto tanto di cui dobbiamo essere orgogliosi e che, se avremo la determinazione giusta, avremo ancora tanto da dare al Paese, vedremo in che forma. Sono convinto che Giuseppe Conte sarà punto di riferimento come lo è stato in questi anni.
Spero che tutti coloro che hanno creduto fino ad oggi nel Movimento trovino la forza di starci vicini in questa difficile fase e di superarla, anche grazie ad una spinta critica ma costruttiva.